Stefano Lanciotti

15.10.2012 16:56

Oggi ospito con orgoglio "vivo e vibrante" l'autore Stefano Lanciotti.

Ho trovato le sue opere su Amazon e l'ho, diciamo così, inseguito. Già dal suo blog avevo percepito una persona squisita e non mi sbagliavo affatto. Stefano è un bravissimo autore che è emerso, come pochi, dall'autopubblicazione e oggi fa parte della squadra della Newton Compton. Attraversiamo con lui le peripezie che lo hanno portato sullo scranno dell'autore pubblicato.

 

- Stefano Lanciotti oggi sei alla Newton Compton, cosa si prova?

 

È una sensazione strana. In realtà non credo di aver ancora interiorizzato la cosa che, in effetti, si è concretizzata solo la settimana scorsa. Certo sono molto emozionato e ammetto che ormai disperavo di poter pubblicare per un grande editore. Mi aspetto però di provare sensazioni più forti quando vedrò il libro negli scaffali delle librerie, tra qualche mese.


- La fenice, questo animale leggendario, attrae sempre la mente dell'uomo. La possibilità di morire e rinascere è una necessità insita nell'animo umano, una speranza. Nel tuo caso perchè nel tuo romanzo Phönix hai scelto la fenice?

 

Diciamo che mi piacciono molto gli animali leggendari (scrivo anche fantasy, oltre che thriller), ma la verità è che cercavo un “motivo scatenante” per l’innesco della storia. Un tatuaggio con una svastica non sarebbe stato sufficiente, dovevo renderlo inconfondibile. Da qui la scelta della fenice. Però, ovviamente, il simbolo di rinascita (in questo caso del Quarto Reich) è intrinsecamente legato ai piani del “villain” del libro.


- Il tuo ultimo post nel tuo sito è chiaro "A volte la magia funziona", vuol dire che veramente solo con le umane forze c'è poco da fare nel mondo dell'editoria?

 

Diciamo che ho voluto scegliere una frase a effetto, il titolo del libro di un autore che ammiro e che aveva scelto la definizione “magia”. Però se per magia si intende l’unione quasi alchemica di tutti gli sforzi che fai con la casualità e agli incroci del destino, forse la definizione non è poi così bislacca…


- Come hai deciso di autopubblicare? Hai seguito un iter particolare, intendo dire regalare l'ebook all'inizio e poi proporlo a basso costo? E' una buona strategia, quale lo è?

 

L’autopubblicazione è stata la fusione di due situazioni. La prima era la frustrazione per avere tra le mani vari romanzi (già all’epoca definiti “molto buoni” da esperti del settore) senza avere la possibilità di pubblicarli, se non a pagamento. La seconda l’apertura agli scrittori di due vetrine importanti come iBookstore di Apple e Amazon. La mia scelta iniziale era semplicemente di regalare “Phönix” perché volevo che qualcuno lo leggesse e, magari, facesse circolare il nome. Poi quando ho visto che i download erano migliaia mi sono detto che forse qualcuno che l’aveva letto avrebbe comprato “Nemesis”, che era una nuova avventura degli stessi protagonisti. E la stessa cosa è successa anche con la mia trilogia fantasy. Devo dire, alla fin fine, che è stata una scelta vincente. Regalando Phönix ho venduto tremila copie di Nemesis, invece se li avessi messi in vendita entrambi dubito che avrei raggiunto quella cifra.


- Ci fai un breve excursus delle tue opere?

 

Come accennato amo due generi: thriller e fantasy. Dopo aver scritto Phönix e Nemesis, visto che non riuscivo a farmi pubblicare, decisi di intraprendere un altro percorso, cioè scrivere un romanzo fantasy. Era una sfida con me stesso, perché non credevo di riuscire a creare un mondo intero, credibile e che fornisse al lettore sufficiente “sense of wonder” da catturarlo e affascinarlo. Trovavo i thriller più facili da scrivere, bastava una buona trama e un ritmo serrato. Poi volevo scrivere un romanzo così come mi sarebbe piaciuto leggerlo e come (purtroppo) non ne leggevo più da tanto tempo. Alla fine mi sono accorto che il mondo che avevo inventato (Nocturnia) aveva bisogno di molto più spazio per essere narrato e il romanzo è diventato una trilogia.


- Come continua la tua vita adesso che sei autore pubblicato da terzi?

 

Direi assolutamente identica, anche visto che ancora il rapporto è in fase embrionale. Ma anche se dovessi pubblicare molti più romanzi con Newton Compton non credo che cambierebbe molto. Mi piacerebbe fare lo scrittore per professione, ma temo che rimarrà un bel sogno.


- Io ho sempre creduto che pur essendo difficile proporsi alle case editrici sia fortificante, poiché riuscire a passare oltre è già di per se un traguardo. Per te i rifiuti erano una sconfitta o un modo per alzare la testa e andare avanti?

 

Un modo per alzare la testa e guardare avanti. I rifiuti li tengo tutti da parte, non ne ho buttato nessuno, neppure quelli che mi sono arrivati dall’America, visto che (in un momento di esaltazione) avevo fatto tradurre Phönix in inglese e l’avevo sventagliato a decine di agenti letterari. Senza alcun risultato, ovvio.


- Cosa vorresti dire a chi si sente sconfortato dai disequilibri del mondo dell'editoria?

 

Che è un mondo complicato e che non è detto che tu sia rifiutato a causa della qualità di quello che scrivi. L’autopubblicazione può essere una soluzione, mentre gli editori a pagamento no. Mai.


- Cosa pensi che non mancherà mai nei tuoi libri? Un eroe buono, la suspance, una figura femminile, il colpo di scena...

 

Bella domanda. Credo che (forse) potrebbe mancare l’eroe buono. Tutte le altre cose fanno parte integrante del mio stile di scrittura e delle mie tematiche preferite, specialmente le figure femminili. Finora tutti i protagonisti principali dei miei romanzi sono donne.


- Cosa bolle in pentola? C'è qualche altro romanzo a cui stai lavorando?

 

Lo scorso  inverno ho concluso il terzo romanzo della trilogia fantasy di Nocturnia (intitolato “La Guerra del Buio”). A quel punto moltissimi fans dei due thriller mi hanno chiesto a gran voce una terza avventura di Sara Kohn. Allora sono andato a riprendere dei vecchi appunti e un prologo che avevo scritto anni fa e ho rimesso mano al progetto. Il romanzo si chiama “Hydra” e lo dovrei terminare tra un mesetto circa. Poi toccherà di nuovo al fantasy, perché credo che non abbandonerò mai nessuno dei due generi.


- Si dice che lo scrittore non deve mai smettere di essere lettore, cosa stai leggendo?

 

È una grandissima verità. Purtroppo quando si fa un altro lavoro e si ha una famiglia, il tempo è poco e quindi tra leggere e scrivere spesso ci rimette il leggere. In questo momento sto rileggendo un libro che non è un romanzo, ma una biografia letteraria che ritengo fondamentale per uno scrittore: “On writing” di Stephen King.

 

E noi non smettiamo di leggere, compriamo i libri di Stefano e immergiamoci nel suo mondo sfaccettato di thriller e fantasia, quasi un mondo mistico dove queste due armi dello scrittore si fondono nell'unica mente di uno, Stefano Lanciotti.

Grazie

Sarah.

Scrittrice per ArteMuse Editore

D & M Gruppo editoriale

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